QUALI SONO I LIBRI CHE TI HAN CAMBIATO LA VITA – 2

 

Sicché in precedenza ho praticamente non risposto alla domanda postami, cedendo alla mia naturale inclinazione di ricercare umorismo, stavolta cercherò di rispondere seriamente. Dunque…

Per me la magnifica abitudine alla lettura dei libri è arrivata tardi. Tolto i libri scolastici che bisognava obbligatoriamente leggere, andavo a mille di fumetti. Ne avevo più di 1500. Ma la mia prima lettura entusiasmante e che credo mi abbia dato basi fondamentali è stata in realtà un libro, “I cento volti di Pierino la peste” di Ravoni e Riva ed edito da Mondadori, consistente in una raccolta di vignette di storici autori d’eccezione e molte filastrocche. Vi ho imparato a scrivere e a leggere e ad amar disegnare prima di cominciare le scuole elementari. Nel contempo, determinante per il mio amor dell’arte è stato “fare e costruire” dell’enciclopedia “I Quindici”: l’ho praticamente consumato. Mentre i fumetti, tra i tanti che amai molto direi Alan Ford (al quale devo il senso del grottesco) i Lanciostory, gli Scorpio, Topolino e Diabolik, gli Eternauta e Mister No.

Raggiunti poi i 10 anni venni a Venaria Reale (prima vivevo dinanzi al Cottolengo e di fianco al cimitero degli impiccati San Pietro in Vincoli a Torino, e non vi dico cosa ebbi occasione di vivere e vedere in quegli anni, e quanto la fantasia mi fu di aiuto) e nella cantina della nuova casa trovai un libro che mi entusiasmò molto,“Antologia dello humor nero” di Breton. Così conobbi De Sade, Duchamp, Rimbaud, Poe, ecc… Approfondii così alcuni di essi, poi approdai ai Maestri Wilde, Baudelaire, Lovercraft, Hesse ed altri. Ma la maggior parte dei libri li ho letti avanti con gli anni, grazie a una amica che per tappezzeria in casa aveva libri, molto acculturata e che me ne ha prestati molti. Per adesso è tutto, vi auguro ogni bene, e che leggere vi appassioni. Aumenta e diversifica la percezione.

Marco Testa

QUALI SONO I LIBRI CHE TI HAN CAMBIATO LA VITA – 1

 

Mumble… Certo stabilire con precisione quale libro sia stato più fondamentale che un altro non è facile.

Quando avevo 12 anni, un tizio forse convinto che i libri dovessero librarsi liberi (sarà stato un antesignano bookcrossing) scaraventò un dizionario di Latino dalla finestra. Il tomo, discendendo dal cielo come una manna, donò libertà a panni stesi, confuse le idee di una mamma, e pure le mie al piano di sotto mentre sperimentavo legge di gravità – io ho sempre amato la scienza – rilasciando saliva affacciato alla finestra. Il colpo fu secco. E quasi a premiarmi per la mia dedizione alla fisica mi rimase aperto in testa a mo’ di cappello, che se avessi avuto tanto di pergamena in mano e non la sola menata in testa, sarebbe stato come prendere laurea.

La corsa in ospedale fu talmente repentina – il mio caro papà amava me e la corsa – che in assenza di emergenza, il libro paga dei vigili avrebbe avuto un incremento di cassa. Giunsi all’ospedale. Appena entrai mi apparvero bende e garze e siringhe abnormi, e si udivano pianti e peti e atroci urla, da rendere nere le mie pagine di storia. Poi mi apparve la Madonna. Le pagine ritornarono al colore originario, bianco come la mia innocenza, si fa per dire, e si tinsero subito di rosso, come l’intimo che immaginai sotto al camice dell’infermiera: vero angelo sulla terra. Era bellissima. La sua voce modulava e accarezzava anima. Non parlava, cinguettava. Gentile e musicale come uccelli nella foresta. Immaginai le sue corde vocali vibrare armoniose come rami che danzano sfiorati dalla brezza. Il suo petto era in fiore. Le sue labbra due ciliegie. Dio! Come mi sarei arrampicato su quella pianta. Solo le sue mani non erano gentili: mi accarezzavano solo la testa. Decisi allora di estendere il mio dolore anche al collo e giù più ancora, ma senza nulla ottenere: l’infermiera era un angelo e non una quaglia. Mi accontentai quindi della visione e di qualche bacio sulla guancia, e da allora i miei sogni mutarono, persero ultima innocenza. Ecco, quel libro mi cambiò la vita.

Ma mi domando: quel libro lo si può contare? Forse no, non può contare: non era un libro di matematica. Ma allora quali libri cambiano veramente il destino di vita? I libri che s’infilano sotto al tavolo quando balla e ci rende incerta la pietanza? I libri che per apparire interessanti certuni donano a una fanciulla per cercar di impaginarla? O quelli che si lasciano invecchiare forse convinti che ne guadagni il sapore, su un comodino o su una mensola? No, questi no. Cambierebbero la vita di acari e non la nostra. Ma forse, anche la nostra. Non leggendoli, cambia la nostra possibile futura percezione della vita, rimanendo irrimediabilmente la stessa. Ma quali, allora? Quelli di cucina? Quelli contabili di un imprenditore se esaminati dalla finanza? Sono sempre più perplesso.

Credo che a me personalmente con i libri sia andata bene. A casa mia erano presenti quasi solo i fumetti, tantissimi, e quelli hanno le figure e talune anche sexy. È andata meno bene a un mio amico però. Lui sì che può dire che i libri gli han cambiato la vita; o almeno una parte. E individuando pure quali, e senza esitazione. Il poveretto si ritrovò obbligato a studiare geografia e anatomia del corpo umano in accaldanti pomeriggi d’estate, e non ricordo più quali altre materie, poiché bocciato in prima superiore. E mentre noi amici e la sua ragazza ci libravamo al mare, non di parole scritte ma volando incespicanti in secchielli e gambe al sole, da lui volavano solo sberle se non continuava a studiare. E le sue guance divenivano talmente calde e rosse di manate, e le nostre invece calde, gioiose e rosse, ma di sole. E mentre lui si atterriva per il destino beffardo noi a terra ci si buttava apposta per impanarci di sabbia. E tutti a correre poi sotto la doccia per veder la pelle riapparire. E la sua amata com’era bella da vedere. E noi maschietti tutti intorno a dimostrarle approvazione. Il suo boy non c’era, qualcuno lo doveva pur fare. Lui dal canto suo si bagnava di lacrime al sol pensiero, e di sudore. Gocce enormi sulle pagine gli cancellavano parole. E non gli hanno chiesto proprio quelle, poi, all’esame?! Riuscì a ripetere tre volte la prima superiore. Poi decise di lavorare. La sua ragazza nel frattempo lo aveva mollato, stanca di doversi far consolare.

Ma io dico! La geografia non la si può imparare viaggiando? Magari in autostop? In Bici o con lo Scooter, tenda e sacco e fino al mare? Senza fretta, tanto si va in vacanza e la parte più bella è proprio partire? O in macchina con mamma e papà, non è il massimo ma va anche bene, purché con le cuffie e la propria musica e non obbligati a sorbirsi la loro distorsione di vane parole! O meglio ancora in treni e nascosti tra il bestiame, come nei western, così si eviterebbero anche i libri sul mondo animale. E in aereo? Sarebbe perfetto: più librarsi di così! Insomma, va tutto bene: basta vivere e viaggiare! E poi diciamocelo: per l’anatomia, non può bastare giocare al dottore?

Ora vi lascio, mi son reso conto di aver detto un sacco di cavolate, prometto di cambiar vita, allargo quindi le braccia e… mi libro dal balcone. E se poi rinasco, magari, faccio l’allibratore.

Marco Testa

menu funereo, surreale

 

MENU FUNEREO, è un esperimento di videopoesia animata, ispirato dai versi surreali di “spazio pubblicitario per chi non si spaventa”, presenti nel libro “Verde Spiranza” di Marco Testa (presto, disponibile in ebook) attualmente edito in carta da “ARCA Edizioni“.

MENU FUNEREO è ideato, scritto e montato in video da Poeat (nome d’arte, di Marco Testa) e vi si può gustar poesia, humor nero, gioco surreale di parole.

Menu non adatto ai deboli di stomaco. Solo per malati forti.
O pazzi.

Cor Agio. E buone visioni.

 

MATTANZA

 

Invertendo i termini il risultato non cambia.
O cambia..?

Dipende.

Se Addendi o Sottraendi, se Identici, se di Versi, se al ciel cantanti, se “A Dendi Sdreddi”, schiavi del consumo, dell’immagine, dei salotti, se uomini Libri, Liberi, Dividendi, Divin Danti, se Fattori, se Fautori, se Poeti… o Millantanti.

Io non so me stesso. Ho provato a guardarmi dentro. E cercando la mia massima espressione poetica, la mia più nobile elevazione, il mio Massimo non Comune Denominatore insomma, ma anche in per e in viso E levato il trucco – Il ragionamento non fa un decimale – ho trovato solo tanti Minimi e relativi Multipli. Non comuni, però: sono in me. Ma tanti Minimi non Comuni Multipli possono fare un Massimo? Bella domanda… E chissà, se tutti questi Minimi non Comuni Multipli, siano miei soltanto. Oltre che parte d’Universo Dante i numeri senza dubbio, saranno i resti infinitesimi di molte vite precedenti. Che hanno avuto il loro tempo, il loro periodo, quindi Periodici; e che non vogliono pertanto estinguersi e me li porto dentro. Roba da ammaliarsi e diventar Mattemattici.

– Però! dici?
– Dico.
– In te convive una famiglia alternativa di avanzi d’anime?
– Sì: DICO. Ma più che alternativa, da corrente alternata.

E adesso mio caro Alter Ego numero QuinDici: Stai zitto! Vai a dormire con gli altri. Che ho delle domande importanti da pormi. Tipo.. Ce lo avrò da mangiare stasera? Scherzo. Sono a digiuno da troppo tempo, ormai ho perso il vizio. Ecco le domande: Chi sono? Cosa sono? Che faccio? E quale è la mia funzione in questa Mattematica espressione di vita? Vi sarà una soluzione alla portata della mia crono-scienza? Mi saran concesse, delle parentesi? E saranno belle? Liete? Chiare e tonde? Saranno fatte ad arte? Quadre da apprendere? Graffe? Griffe? Barcolli di Giraffe? O solo Graffi d’ulcere sanguinolente? E i miei residui? Com’è che ho tutti ‘sti avanzi d’anime? Quali Radici mi fondano? Quali piante, mi confondono? Di Maria? Dei piedi? Quelle cittadine con tutte le strade più belle da potere intraprendere? O a me toccano solo i vicoli? E mi aiuteranno, queste radici? Mi atterreranno? E quali valenze, mi turbano? Quali potenze, mi esaltano? Mi eleveranno al cubo, o me lo faranno? E riuscirò a far la quadra, alla fine, di ‘sta vita del Calcolo? Che vita, acciderboli! Quante incognite! Che illogica! E che gran rottura di Parabole, Casso! Il Caos, regna.. Non solo in teoria, ma nella pratica. Meglio fare il Poeta. Proviamoci, allora..

“Titolo: LA SORELLA DI UN ASPIRANTE POETA (da non confondersi con la sorella di un poeta che aspira la Bamba) Inizio: Quando sono in bagno mia sorella mi urla qualcosa che non capisco bene ma percepisco i tuoni e i fulmini. Forse sarà qualcosa tipo muovi il culo che c’hò fretta o se non esci subito te lo apro io il culo così fai prima. Lo fa sempre, la stronza. Nemmeno io sono capace di fare lo stronzo così. E nemmeno mettendoci tutto il tempo che lei lamenta. Si fotta! Anzi, vada a cagare. Ma mica subito, non c’è fretta. Splash..!! Ecco, fatto: finito. Ma non lo dite a mia sorella. Ho da rileggere la poesia appena scritta. E perciò rimango in “Bagno” così fo’ finta che sia di applausi.”

Come dite? Non vi sembra una poesia? Uff… Va bene, rimedio subito..

LA SORELLA DI UN ASPIRANTE POETA
(da non confondersi con la sorella di un poeta che aspira la Bamba)

Quando sono in bagno
mia sorella
mi urla qualcosa che non capisco bene
Ma percepisco i tuoni e i fulmini.
Forse sarà qualcosa tipo
Muovi il culo che c’hò fretta
o se non esci subito te lo apro io
il Culo
così fai prima.
Lo fa sempre, la stronza.
Nemmeno io sono capace di fare lo stronzo così.
E nemmeno mettendoci tutto il tempo,
che lei lamenta.
Si fotta!
Anzi, vada a cagare.
Ma mica subito, non c’è fretta.
Splash..!!
Ecco, fatto: finito.
Ma non lo dite a mia sorella.
Ho da rileggere la poesia appena scritta.
E perciò rimango in “Bagno”
così fo’ finta
che sia di applausi.

Ora non rompete che l’ho pure divisa in “a capo” e così è una poesia per forza! Come dite? Non vi sembra ancora? Azzo.. ma quanto siete pignoli?? Quanta Tigna? O mega rompi wallera, figli di una Pigna! Ma siete sicuri di capirne, Voi, di Poesia?? Avete provato magari a leggerla con la Enfasi giusta? Con l’interpretazione Necessaria? Provato? Niente ancora?? E a rileggerla con l’inflessione un po’ francese? Niente ancora??? Impossibile! L’accento un po’ francese funziona sempre! Sapete che vi dico? Fottettevi a Vicenza! O Vincenza. Che pare vi abiti e abbia una gran Metrica! Magari quella la capite.

E ovviamente scherzavo su mia sorella. Lei è una fanciulla amorevole e che non urla. Forse perché è muta. Scherzo: ci sente e parla. Credo anche molto e soprattutto in famiglia, a giudicare dalla mancanza di vocaboli di mio cognato e dall’espressione esaurita che ha sempre in faccia. Va bene, non è vero neanche questo.. L’espressione esaurita non è di mio cognato ma la mia, quando me intento a riversar poesia, come quella appena scritta! Ed è un conato: di vomito. Scherzo scherzo.. La mia sorellina e mio cognato sono due brave persone molto a modo e molto buone soprattutto. E la bontà del cibo preparato quando mi invitano a pranzo lo testimonia. Inutile dire io mi riveli buona forchetta. Pane al pane vino al vino, è così che funziona.

Quanto alla Poesia è difficile dire cosa sia poi tale. Certo ho difficoltà ad autodefinirmi Poeta. Mi sembra di tirarmela. Ma ho una visione poetica della vita, questo sì. Mi piace la musicalità, giocar con le parole, commuovermi ed esaltarmi con le stesse. E mi auguro questo chi mi legga percepisca. Tutto qui. Quanto al definirmi “Poeta”, spero di avere in grazia ci pensi la storia. In ogni modo la “poesia” di cui sopra non so se definirla tale. Ma forse lo è, non so. Se ne potrebbe parlare a lungo su cosa sia Poesia o meno. E non ne ho voglia, ne il tempo adesso. Cedo il bagno a mia sorella.

Così continua, con i Versi, finalmente, lei..))

Marco Testa


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GIOVINEZZA

 

Giovinezza
di gioventù è l’ebbrezza
tumulto di cuore
… TU TUM TU TUM
sospinto da brezza
di incanto che appare, di vita
promessa.

E tenera età
nel perder se stessa
si invola e si innalza
al tempo
si desta.

Poi passa. Veloce.
Dapprima leggiadra
poi pare funesta.

Ma nella realtà,
mal ben se ne dica
subentra comincio
d’un’altra
festa.

Marco Testa